La mia storia comincia con due immagini. La prima è un'immagine fondamentale: ho ricevuto la diagnosi nel lontano 2011; la seconda è un'immagine marginale: sono passati dieci anni da quando ho sentito nominare per la prima volta la parola Sclerosi Multipla, ma è un ricordo così nitido e potente che sembra sia successo ieri. Eppure, da ieri a oggi di strada ne ho fatta, insieme a una manciata di chimere che sono anche riuscito ad agguantare: ho realizzato il sogno di una vita intera, ossia quello di diventare giornalista, dopo anni di gavetta e oltre duemila articoli firmati per il Quotidiano del Sud. Intendiamoci, essere giornalista non è che sia questa gran svolta. Perlomeno adesso il senso di precarietà non deriva soltanto dalla SM ma anche da un lavoro che è tutto fuorchè in pianta stabile nonostante io continui a coltivarlo e ad annaffiarlo tutti i giorni. Nel 2018 ho pubblicato un libro di storia calcistica che nella forma sembrerebbe un racconto sportivo, se non fosse che nella sostanza è uno spaccato sociale di una parte di Calabria. Nel 2020 ho realizzato un volume celebrativo per i 400 anni di Sersale (cittadina in cui vivo): qui, la scorribanda nella sperimentazione letteraria si fa più accentuata ma non ho abbastanza battute per descriverla. Quel che, però, ho avuto premura di sottolineare in questa sintetica bio è come la Sclerosi Multipla sia per me una componente marginale e non un aspetto fondamentale.