10 gennaio 1998, la diagnosi accompagnata da una forza incontenibile che trasluceva assieme alle mie placche perlacee. Ventitré anni di risonanze, farmaci, esami, dolori, mentre la vita inesorabilmente mi chiedeva velocità, adeguatezza, competizione, carriera, abnegazione e amore. Amore per sè, amore per gli altri, amore per la "possibilità" che ancora mi donava. E poi, piano piano, la velocità si è trasformata in lentezza, la corsa in passeggiata, la memoria in offuscamento, l'agilità in ipertono, l'equilibrio in caduta. Ancora la vita chiedeva amore e dava una possibilità nuova, più lenta, ma più consapevole. Finalmente il primo no, finalmente la casa come rifugio contenente da calpestare a piedi nudi, finalmente una parola: aiutami. Ecco di nuovo il mio volto traslucente fra l'opacità delle mie placche spente. Ecco la mia storia, la mia possibilità. Ecco tutto l'amore che ci metto dentro.