Avere 35 anni e una vita piena, un amore felice. Addormentarti serena. Svegliarti la mattina senza equilibrio, senza forze, senza un perché: è cominciata così, tra la sclerosi e me. E poi la diagnosi, i ricoveri, le terapie. L'amore che si allontana, impaurito. Le ricadute, il dolore. Quello fisico, quotidiano e quello più profondo, dell'anima. Tu mi hai osservata, dal primo momento: silenziosa, fedele, come è nella tua natura di cane. Ti ricordi queĺla volta in cui la mia mano destra non voleva saperne di funzionare? Quella mano con cui disegnavo e lavoravo? Hai cominciato a leccarla, quella mano cocciutamente insensibile, mi fissavi e leccavi. Ho pianto tanto, acciambellata sul pavimento, tra la porta e il letto, con te accanto. Ci siamo rialzate da quel pavimento tu, io e la mia sclerosi e abbiamo cominciato a capirci. Giorno dopo giorno, con un amore nuovo, che ci comprende. Con un lavoro nuovo, le mie ricette, la mia cucina. Sono passati 18 anni da quella prima mattina di sclerosi. Tu, Marta, non ci sei più da 5, ma non passa giorno in cui io non pensi ai tuoi occhi su di me, pronti a sostenermi, a spronarmi e ad amarmi incondizionatamente, sempre, nei giorni belli e in quelli bui. La sclerosi è stabile da molto e mi lascia vivere una vita non facile, ma completa. Ora ho Bonny e Cacao, 2 labrador come te, che mi osservano e mi amano. Grazie, piccola Marta, per avermi aiutata col tuo sguardo silenzioso a volermi bene, a voler bene alla mia sclerosi. A sorridere.